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Pontiac Tempest

pontiactempestap20150614.jpg
Anno 1962, targhe nere del 1975 (AP).

Data: 14/06/2015
Commenti: 8
Visualizzazioni: 1587
Commenti
#1 | bob91180 il 14/06/2015 12:34:29
Esemplare della prima serie , vettura particolare , motorizzazione 3litri , cambio in blocco con differenziale al retrotreno ...
#2 | IL BUE il 14/06/2015 12:35:06
Dall miniatura la foto mi sembrava in bianco e nero
Pur non amando le auto americane, debbo dire che questa ha una linea molto gradevole (ricorda parecchio la Corvair). Indovinate un pò cosa m'è saltato subito all'occhio...
#3 | hot VWs il 14/06/2015 13:07:36
Bellissima!!!
Adoro le Americane a targa nera... Hanno un fascino particolare che le avvolge.....
#4 | Uno Turbo D il 14/06/2015 16:52:27
Bella vettura, ma anche in questo caso la tinta non mi attrae, trovandola un pò troppo austera: le americane del periodo (e non solo) le preferisco in colori più sgargianti...
#5 | gabford il 15/06/2015 00:10:55
Questa versione Sedan potrebbe essere italiana da sempre, dato che se ne conosce l'anno di immatricolazione (a meno che l'avvistatore non lo abbia semplicemente letto sulla targa ASI). In ogni caso affascinante con la quadrotta della capitale, anche se di epoca successiva.
Proprio nel 1962, tra l'altro, su questo modello venne introdotto l'allestimento di punta LeMans, dall'anno successivo evolutosi come modello a sè stante.
vettura particolare , motorizzazione 3litri , cambio in blocco con differenziale al retrotreno ...

All'epoca era pubblicizzata come l'unica vettura americana con motore anteriore e trazione posteriore. Il motore di serie, un 4 cilindri in linea da 3,2 litri disponibile in diverse versioni, era effettivamente insolito se paragonato al panorama medio delle vetture americane dell'epoca (comprese le stesse vetture full size di casa Pontiac). Questo esemplare, di cui si trova qualche traccia in rete, ha il cambio automatico e monta il propulsore citato nella variante ad alto rapporto di compressione e carburatore monocorpo, per una potenza complessiva di 140 CV.
la tinta non mi attrae, trovandola un pò troppo austera

In realtà, sospetto che la foto sia un po' scura e che la tinta possa essere l'elegante Caravan Gold, anche se in rete la tinta dell'esemplare è definita come "beige" (ma dalle foto non si direbbe proprio...) e la livrea bicolore mi lascia qualche perplessità sull'originalità della verniciatura...
#6 | Uno Turbo D il 15/06/2015 17:04:11
In realtà, sospetto che la foto sia un po' scura e che la tinta possa essere l'elegante Caravan Gold, anche se in rete la tinta dell'esemplare è definita come "beige" (ma dalle foto non si direbbe proprio...) e la livrea bicolore mi lascia qualche perplessità sull'originalità della verniciatura...

Eh, quanto le foto possono trarre in inganno con i colori...in effetti guardandola attentamente sembrerebbe pure a me un oro "oscurato": se così fosse, rivolterei totalmente la mia opinione.
#7 | AP il 15/06/2015 21:25:16
Era quasi sera, il telefonino non è dell'ultima generazione e purtroppo la foto non è venuta un granché...
Per quanto riguarda l'anno, il 1962 è riportato nel sito dell'AdE. Quindi presumo sia "italiana" da sempre!Smile
#8 | Markino il 16/06/2015 01:29:23
Tra i vari filoni in cui si potrebbero idealmente suddividere gli avvistamenti che compaiono sul sito, quello delle americane è notoriamente uno dei miei preferiti, e, in quell'ambito, nulla riesce ad emozionarmi come una vettura pre-'70 a targhe nere, coeve o meno all'anno di produzione. Il fatto che l'esemplare in questione sia da sempre italiano accresce ulteriormente il mio interesse, così come la ritargatura - di una vettura oramai superata e, in Italia, costosa da mantenere - in un anno di crisi economica, con il PIL che sprofondava di oltre il 3%, e nella città alla quale potrei semmai istintivamente associarla alla prima immatricolazione. In tale quadro, nulla importa che si tratti di una "piccola" e non di una mastodontica full-size; anzi, il genere mi è assai gradito, sia per la migliore adattabilità al nostro contesto, sia per la particolare bellezza di questa versione appartenente alla prima stagione delle "compact".
Ho già avuto modo di dilungarmi sulla genesi di questa stirpe di vetture, lanciate più o meno contemporaneamente - tra 1960 e 1961 - dai grandi Gruppi di Detroit; la loro comparsa, e la capacità di soddisfare le esigenze di una clientela molto vasta ed eterogenea, determinò un forte aumento della produzione di molte Case, già assestata su basi consistenti. Nel decennio, Pontiac fu uno tra i marchi di maggior successo, sia per la popolarità di cui godettero la stessa Tempest e derivate, sia per la scelta di puntare sulle prestazioni offrendo sul modello '64 un pacchetto che trasformava un'onesta berlina a due porte in una sportiva di razza, la prima delle "GTO".
Le Tempest costruite sino al '63 furono le più innovative sotto il profilo tecnico: oltre alle sospensioni a quatto ruote indipendenti e allo schema transaxle, già ricordato da Bob, era da registrare il primo propulsore Pontiac a quattro cilindri dal dopoguerra, un 3,2 lt. ottenuto "dimezzando" il V8 che equipaggiava la gamma superiore; in alternativa, era offerto un 8V 3,5 lt. Buick, ma il riscontro di vendite fu scarso. La linea, semplice, tesa e snella, rappresentava il meglio del nuovo corso di Bill Mitchell, subentrato nel 1958 ad Harley Earl alla guida dello Styling GM; altrettanto riuscite erano le due cugine di "piattaforma", la Buick Special e la Oldsmobile F-85. A partire dal 1964, la Tempest fu completamente rivista, divenendo meccanicamente molto più "ortodossa", e crescendo nelle dimensioni sino a snaturare la filosofia iniziale; furono queste, tuttavia, le Tempest (e le derivate Le Mans) alle quali il pubblico tributò il maggior successo, sull'onda di una nuova corsa al gigantismo che avrebbe raggiunto l'apice nella prima metà degli anni '70.
Spero di poter incrociare dal vivo, prima o poi, questo strepitoso esemplare - sebbene probabilmente incoerente nel trattamento bicolore - mai visto sinora neppure sui reportage delle manifestazioni italiane diligentemente compilati dalla rivista American Drive.
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