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Pontiac Tempest 326 two-door

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Anno 1967, targhe ZA in formato europeo (Danip).

Data: 16/11/2014
Commenti: 7
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Commenti
#1 | doc01 il 26/07/2014 14:55:56
Splendida, non riesco a dire altro, e poi con un nome cosi', altro che certi nomi nostraniWink
#2 | atae21 il 26/07/2014 15:07:08
Quoto! Cool Molto affascinante e con un nome da "duri"...diablo
#3 | Markino il 26/07/2014 15:59:26
Una Tempest....si potrebbe scrivere un libro...
Anzitutto, visto che Daniele non dispone di altri scatti, quanto prima aggiungerò i miei Grin Questa vettura ha infatti partecipato a un paio di raduni di vetture USA in due settimane, e non me la sono lasciata certo sfuggire.
La Tempest origina da un contesto ben preciso, collocato nella 2a metà degli anni '50. Quella stagione rappresentò infatti un'inarrestabile corsa delle Big Three verso il gigantismo automobilistico, con i costruttori indipendenti oramai costretti a spartirsi le briciole, se non a chiudere bottega. Gli effetti più evidenti furono l'ulteriore incremento delle dimensioni, l'adozione quasi generalizzata di propulsori 8V, e la profusione di elementi decorativi sempre più estremi, nella convinzione che il mercato avrebbe premiato in misura illimitatamente crescente pinne, cromature e verniciature a due o tre tonalità. Questa escalation, nella quale, peraltro, non mancarono affatto automobili splendide (le Chevrolet, le Buick e le Oldsmobile del '55-57, solo per citare le prime che mi vengono in mente) dovette tuttavia scontrarsi con un paio di grossi intoppi. Il primo fu il progressivo aumento delle importazioni di vetture europee di piccolo taglio, a cominciare dalle Volkswagen, richieste da una clientela insofferente verso macchine in continuo mutamento e dai costi di gestione elevati, estranee al proprio gusto e/o alle proprie esigenze. Il secondo fu l'improvvisa battuta d'arresto dell'economia americana nel 1958, che inceppò la fiducia in una crescita senza fine, innescata dal boom postbellico, e che colpì soprattutto i costruttori di vetture medie e medio-alte, facendo naufragare, tra l'altro, il nuovo marchio del gruppo Ford, Edsel. Per il 1959 c'era oramai poco da fare: i modelli per il nuovo anno erano già pronti, e non sarebbe stato possibile recepire le tendenze più recenti del mercato, ma, nonostante vetture assurde come l'Impala dalla coda alata, il 1959 vide una discreta ripresa, anche perché la GM presentò carrozzerie interamente nuove.
L'anno di svolta fu il 1960, quando le Big Three, con un tempismo da perfetto cartello, lanciarono una nuova categoria di vetture, le compact, che dovevano essere la risposta - in genere, ad almeno 6 cilindri e ben sopra i 2 litri - alle piccole vetture europee, e che riscossero effettivamente un buon successo, dimostrando che molti consumatori si erano stancati di auto eccessive. Tra le compact si fece appunto notare la Tempest, vettura d'accesso del marchio tipicamente rivolto ai "poveri ma fieri", come recitava lo slogan negli anni '20, che sfoggiava diverse novità meccaniche, a cominciare dal cambio al retrotreno (in sostanza, uno schema transaxle) e dalle sospensioni a ruote indipendenti, come ben noto alla Marisa Tomei dell'esilarante "Mio Cugino Vincenzo", l'esperta di motori che, in base a questo indizio, lascerà tutti di stucco identificando dalle strisce lasciate sull'asfalto la vettura dei veri autori di una rapina, durante il processo a due ragazzi innocenti.
Dopo che il temporale sembrò essere passato, e al pari delle altre compact, la Tempest, che fu venduta in piccoli numeri anche in Italia, fu rapidamente accresciuta in dimensioni e motorizzazioni, fino a trasformarsi in ciò che si intuisce dalla foto, cioè in una vettura di 5 metri con propulsori che arrivavano a 5 litri - come appunto il 326 c.i. - e oltre.
Nel frattempo, sulle fondamenta della Tempest era nata la madre di tutte le muscle cars: GTO.
La mania dei giovani americani di creare delle street machines partendo da vetture anni '50 o anche più anziane, spogliate ed elaborate, iniziò a trovare sponda nell'industria, che concepì vetture molto semplici ed economiche (sorrette però da un'infinita lista di optionals), basate sui modelli medio-bassi della propria gamma, come appunto la Tempest, rigorosamente in versione 2 doors (Coupé o anche Convertible), dotate però di motori potentissimi. Ne nacque un fenomeno automobilistico di proporzioni gigantesche, che, per stare in casa Pontiac, avrebbe trovato proprio sui bellissimi modelli '66-'67 la definitiva consacrazione, dopo gli esordi dei modelli '64 e '65, i primi su cui fu adottata la sigla resa poco prima celeberrima dal Cavallino Rampante Smile
#4 | Total III il 26/07/2014 16:40:56
Che dire, in calce a questo popò di digressione, se non "chapeau"? Grin
Soprattutto, da parte mia, per la citazione cinematografica: quando sento parlare di Pontiac Tempest il mio pensiero va inesorabilmente a quel film, esilarante e semisconosciuto. Smile
#5 | Danip il 26/07/2014 22:16:44
Complimenti a Markino per la spiegazione (e grazie per l'identificazione dell'auto).
Metti pure le tue foto, saranno sicuramente migliori della mia foto fatta al volo.Wink
#6 | atae21 il 27/07/2014 13:45:39
A me il nome "Tempest" riporta con la mente invece agli anni 80 col cantante degli Europe! Grin
#7 | Markino il 29/07/2014 12:01:03
Ecco alcuni dei miei scatti. La soluzione dei doppi fari anteriori sovrapposti fu adottata nella 2a metà dagli anni '60 anche dalla Ford, ma l'effetto non era particolarmente riuscito, e il frontale di vetture come Ford Galaxie e Mercury Comet risultava piuttosto pesante. Sulle Pontiac, invece, il risultato appare molto gradevole, grazie al disegno più "leggero" della bella calandra.

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