Modello 1968, facilmente distinguibile dai doppi fari posteriori circolari. Nella serie dei cugini Duke la Charger era tipicamente un MY 1969, ma furono utilizzati anche MY '68 o '70, considerate le difficoltà della produzione nel reperire in giro per gli Stati Uniti i numerosi esemplari necessari a soddisfare le esigenze di scena, che comportavano la distruzione di almeno una macchina per ogni episodio: le unità così "consumate" pare siano state circa 400.
La versione fotografata è la mostruosa R/T (sigla che sta per Road & Track, anche se alcune fonti rimandano alla dicitura "Rapid Transit" ) con propulsore 440 Magnum (7,2 lt.).
Le Charger del '68-'70 sono tra le più belle e potenti muscle car costruite in quella stagione irripetibile del motorismo USA, avviata nel 1964 con la Pontiac Tempest GTO e cresciuta via via negli anni successivi con una proliferazione di modelli, motorizzazioni e allestimenti che contagiò tutti i marchi dell'epoca, con l'ovvia eccezione dei brand del lusso Cadillac e Lincoln. Alla parziale perdita di ispirazione negli anni successivi al 1970, fece rapidamente seguito la brusca interruzione di questo filone, nel 1973-'74, a causa della crisi petrolifera e dell'inasprimento delle normative antinquinamento.
Le muscle cars diedero al Gruppo Chrysler l'occasione per sfoderare una volontà di rivincita impressionante, dopo la povertà di idee dei primi anni '60, che si tradusse in vetture ancorate al peggior styling di fine anni '50, e le sportive realizzate tra la fine del decennio '60 e i primi anni '70 si collocarono ai vertici della categoria, una delle più originali e felici della storia automobilistica postbellica
Purtroppo non posso essere più preciso per quel che riguarda cilindrata e potenza, in questo caso il sito dell'AdE non fornisce nessun aiuto (come peraltro capita molto spesso, non so se per qualche motivo preciso, quando si tratta di importazioni recenti).
Metto qualche altra vista
La macchina fa scena, non c'è dubbio (e non l'ho sentita in moto ) ma c'è da dire che questo esemplare a livello di carrozzeria non è che fosse un gioiellino...
I cinefili ricorderanno certamente il celebre inseguimento di "Bullitt" con Steve Mc Queen, in cui un esemplare di Charger dello stesso anno veniva inseguito dalla poderosa Mustang del rimpianto attore.
Oggetto del desiderio di molti, a cui la citata serie "Dukes of Hazzard" ha conferito fama imperitura. Peccato che l'effetto logico di tale fama sia stato il proliferare di repliche più o meno fedeli del General Lee, e ciò, considerando la vasta gamma colori e le sportivissime decals in opzione, è certamente un peccato. Ad oggi, una R/T con tetto in vinile e strisce adesive laterali è quanto di più evocativo esista.
Come costume delle americane dell'epoca, la Charger era largamente personalizzabile mediante i vari "pacchetti", di modo che era difficile trovarne due identiche. Detto in soldoni, era tutto a pagamento, persino l'orologio.
Gli ingombri la rendevano poco adatta alle strade europee, per quanto la linea semplice e slanciata la renda insolitamente gradevole persino ai nostri esigentissimi occhi cresciuti a pane e Pininfarina.
Le palpebre che coprono i gruppi ottici anteriori probabilmente non sono più efficienti: i fari dovrebbero essere visibili solo quando sono accesi, un dispositivo a depressione dovrebbe sollevare le palpebre contestualmente all'accensione delle luci.
una delle vetture piu' interessanti della produzione americana di sempre. rischiava di essere una tamarrata totale, con la sovrabbondanza di stilemi proposti ( finte prese naca, frontale infossato con fari a scomparsa, lunotto incassato, coda scavata, fiancata con incrocio della linea di cintura.) invece ci appare slanciata, grintosa e filante, a dispetto delle sue dimensioni da piroscafo.
credo che la charger riassuma il sogno di ogni designer automobilistico: unire nella stessa carrozzeria eleganza e sportivita': una magia riservata davvero a poche auto.
non parliamo poi dei motori. pura esagerazione a stelle e strisce.
un canone intoccabile, intramontabile, inattaccabile
l'esemplare in foto e' pasticciato con una presa d'aria poco compatibile con la linea, che rovina il suo bel cofano piatto.
secondo me in una charger si possono personalizzare solo le ruote . il resto e' perfetto di fabbrica.
per le versioni io penso che il muso della '68, senza divisorio della mascherina sia perfetto. per la coda meglio la '69, con i gruppi ottici lunghi, che esaltano la larghezza sottile del corpo vettura.
la '69 e la '68 se la giocano sui particolarai. la '70 invece ha un muso troppo pesante e monolitico per entrare anche lontanamente in gioco con le altre due. non c'e' storia, dal mio punto di vista
Non posso che condividere il pensiero di bullit Sarà anche arcaica dal punto di vista tecnico rispetto ai modelli sportivi di produzione europea del tempo, ma la combinazione di linee sinuose e altre che sembrano tagliate con l'accetta, a mio parere rende quest'auto una scultura. Tra l'altro, vista fuori dal suo contesto, per esempio sulle nostre strade, fa veramente impressione per dimensioni e grinta. Il tutto indipendentemente dal colore, altro aspetto non comune.
ricordiamoci che nel 68 la fiat faceva la 124 sport....
le alfa forse erano avanti, ma le altre come schema costruttivo stavano tutte li'...
forse avevano un assetto un pelo migliore... ma mica nemmeno troppo.
il fatto e' che secondo me il pensiero comune vuole le macchine americane arretrate rispetto alle europee.
puo' anche essere vero, ma secondo me gli americani in fatto di auto non hanno nulla da imparare da nessuno. Il mondo ha sempre seguito le loro tendenze, e non il contrario.
il loro e' un modo di ragionare diverso e si costruiscono le macchine come gli piacciono. tutto qui.
loro le amano economiche, spaziose, confortevoli..piu' adatte ai rettilinei che alle curve.
non sono arcaici, centrano un prodotto adatto per loro. tutto qui.
c'e' poi il discorso dei prezzi. se guardi quanto costa una golf gti rispetto ad uana camaro, considerando anche la proporzione degli stipendi medi, ti spaventi!
e ti spaventi anche per quanto poco costa non solo la camaro, ma anche una gomma, una batteria, un gallone di benzina o un garage.
in america l'auto e' un prodotto popolare ed utilitaristico e viene trattato come tale.
in europa invece l'auto, pur essendo un fondamentale bene di consumo, viene ancora trattato da bene di lusso, sia dallo stato che dai consumatori.
il fatto e' che secondo me il pensiero comune vuole le macchine americane arretrate rispetto alle europee.
puo' anche essere vero, ma secondo me gli americani in fatto di auto non hanno nulla da imparare da nessuno. Il mondo ha sempre seguito le loro tendenze, e non il contrario.
il loro e' un modo di ragionare diverso e si costruiscono le macchine come gli piacciono. tutto qui.
loro le amano economiche, spaziose, confortevoli..piu' adatte ai rettilinei che alle curve.
non sono arcaici, centrano un prodotto adatto per loro. tutto qui.
In sìntesi e in modo efficace, hai enucleato concetti che ho speso più volte nei miei commenti alle auto americane.
Senza i metodi produttivi statunitensi, l'industria automobilistica europea sarebbe rimasta ad uno stadio artigianale o semi-artigianale per un periodo molto più lungo: negli anni '20, "fare come Ford" era, per Gianni Agnelli, un imperativo categorico, seppur rapportato alla realtà italiana.
Le tendenze stilistiche d'oltreoceano hanno influenzato le linee europee (non di rado compresi persino i nostri carrozzieri) almeno sino agli anni '60.
E questo solo per fare due esempi.
verissimo. non solo l'industria automobilistica americana ha insegnato al mondo a rendere realizzabile l'idea di vettura popolare per le masse, ma anche la stessa industria automobilistica americana ha insegnato a fare industria in ogni settore al resto del mondo. senza i concetti del fordismo e del taylorismo il mondo sarebbe meno sviluppato industrialmente.
Il mondo ha sempre seguito le loro tendenze, e non il contrario.
A farci caso meglio ora, a mente libera dal lavoro, questo è vero fino a una certa epoca, dopodiché la situazione si ribalta (anche se con alcune precisazioni che, in un breve commento, è inutile elencare puntualmente). Negli anni '70, le vetture americane di segmento medio e alto avevano raggiunto livelli di gigantismo spropositati, a fronte di una qualità scesa in molti casi a standard assai modesti, proprio per un'applicazione oramai grossolana dei metodi fordisti, non più adeguati alla complessità delle auto moderne. Il crescente successo (in primo luogo negli Stati più ricchi, come la California) dei costruttori europei e giapponesi, specie di questi ultimi grazie agli eccellenti frutti in termini di qualità del prodotto conseguiti tramite la produzione "snella", costrinse l'industria americana a rivoluzionare più o meno rapidamente i propri paradigmi, per allinearli a quelli della concorrenza estera (Chrysler, sull'orlo del fallimento prima della cura impressa da Lee Iacocca, ne è un chiaro esempio); un cambio di rotta senza il quale le Big Three avrebbero rischiato di non arrivare neppure all'appuntamento con la forte crisi del 2008-2010.