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Austin Seven Special

austinsevenfrabo18720180402.jpg
Anno 1932, targhe europee del 2013 (Frabo187).

Data: 02/04/2018
Commenti: 3
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Commenti
#1 | time101cv il 02/04/2018 08:53:02
La targa è "ER --- -Y"

www.targhenere.net/gallery2/wp-content/uploads/2018/04/img_1254.jpg
(foto "Frabo187" )
#2 | Markino il 02/04/2018 11:23:49
Che sia nata con questa precisa configurazione, con quella coda arrotondata che ricorda quasi il "posto della suocera" (anziché di foggia tronca con ruota di scorta verticale, oppure tipo "boat tail" ), e quella plancia che sembra un tavolo da disegno, ho più di un dubbio; l'insieme comunque, esteticamente parlando, non gioca certo a favore di chi, come il sottoscritto, è da sempre un fervente sostenitore delle prebelliche...
Dovrebbe trattarsi di una configurazione corsaiola (con tutti i limiti di una vettura così minuscola e semplificata), con propulsore 747 cm3 e una cavalleria (almeno in origine) necessariamente modesta, della popolarissima "Seven", che consentì la perpetuazione della Austin nei decenni '20 e '30, sopravanzando una concorrenza interna che poteva contare su molti marchi, compresi alcuni produttori di cyclecar, nel ruolo di vettura economica di grande serie. La Gran Bretagna, sebbene indebolita dal conflitto mondiale, restava pur sempre una grande potenza economica, alimentata dagli immensi possedimenti coloniali, e sorretta da un ruolo preminente nella finanza. Il livello di benessere dei cittadini era mediamente più elevato che in ogni altra nazione europea, e non è un caso se proprio in Gran Bretagna circolasse il maggior numero di veicoli privati. La ricchezza del paese, oltre a dirigersi verso una nutrita schiera di imprenditori, nobili e borghesi, rifluiva verso il basso in misura tale da consentire a un buon numero di cittadini appartenenti a classi sociali non abbienti l'acquisto e il mantenimento di una vetturetta, fosse di tipo convenzionale oppure proprio quel cyclecar che in Italia avrebbe avuto grandi difficoltà ad attecchire. Fu in questo mercato che la "Seven", lanciata nel 1922, riuscì a penetrare in profondità, forte di un'impostazione da vettura classica, ancorché ridotta all'osso nelle dimensioni, nel peso e nella cilindrata; in tutto il suo ciclo commerciale, protrattosi sino al 1939, ne furono costruite quasi 300mila. Ne arrivarono anche in Italia, dove le vetture straniere, colpite dai dazi doganali, non avevano certo vita facile; una di esse, del 1931, rossa e con targa GE 2, faceva parte della vasta e magnifica collezione di anciénnes raccolta da Gianni Mazzocchi, fondatore di Quattroruote, in parte dispersa dal 2016, quando un ampio lotto - che comprendeva la stessa "Seven" - è stato posto all'incanto a Montecarlo - pare - per volontà di una delle figlie.
Tutto questo premesso, e senza quindi negare l'importanza di una vettura fondamentale nel panorama automobilistico britannico, tanto sedimentata che il suo nome fu ripreso nel 1959 per la "Mini" a marchio Austin, mi resta una domanda: come sia possibile , tra tante prebelliche, anche di piccole dimensioni, scegliere, magari per affrontare qualche sporadica gara di regolarità, una vettura così bruttarella...anche una "MG" coeva riesce ad essere più graziosa, per non parlare della dignità di una qualsiasi "508"...
#3 | gabford il 02/04/2018 17:51:25
Marco, al solito, la sa lunga Smile. La denominazione "Special", infatti, in questo caso indica un esemplare unico ricostruito artigianalmente in chiave sportiva, tipica delle vetture inglesi anni '30. In genere, almeno in madrepatria, il fenomeno caratterizzò l'immediato dopoguerra, ed era, nei fatti, un modo economico di recuperare vecchi rottami, in analogia alle "hot rod" americane.
In questo caso, poichè la vettura risulta, dai dati forniti dall'ACI, italiana fin dall'origine, si potrebbe presumere una trasformazione più recente. Non mi pare di ricordare che, alla trasformazione della carrozzeria, si sia accompagnato un upgrade motoristico di particolare rilievo.
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