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Innocenti Mini 90

innocentiminibertonesuper8020200505.jpg
Anno 1975 (super80).

Data: 05/05/2020
Commenti: 23
Visualizzazioni: 1920
Commenti
#1 | time101cv il 05/05/2020 09:01:39
www.targhenere.net/gallery2/wp-content/uploads/2020/05/img-20170309-wa0017.jpg
(foto "super80" )
#2 | astraG il 05/05/2020 09:45:42
Questo è l'avvistamento dell'anno dal mio punto di vista!
Si tratta della mini 90 più anziana del sito insieme a una rossa.
Il portellone è senza maniglia delle serie successive.
Le condizioni non sono buone ma rimane salvabile.
La tinta è tra le più caratteristiche
Qui mi permetto di chiedere foto diurne all'avvistatore a cui rivolgo i complimentiSmile
#3 | oinotna il 05/05/2020 09:51:47
Sembra il color ruggine che era piuttosto diffuso sulla prima serie
#4 | astraG il 05/05/2020 09:55:24
Marrone autunno
#5 | polar il 05/05/2020 10:05:56
Quoto Astrag, avvistamento che ha dell'incredibile, unico dubbio sul colore delle frecce anteriori...
#6 | Nathan il 05/05/2020 10:39:59
Davvero interessante, da salvare assolutamente
#7 | Total III il 05/05/2020 11:17:13
Entusiasmante e quasi introvabile Mini 90 prima maniera, ancora marchiata Leyland Innocenti in quanto costruita prima della celebre crisi della factory italobritannica con conseguente chiusura dell'impianto e stoccaggio prolungato delle vetture già fabbricate negli immensi parcheggi di Lambrate (le foto pubblicate dai quotidiani all'epoca sono apocalittiche: una distesa sterminata di Mini 90 e 120 che svernano alle intemperie in attesa di una risoluzione della crisi, che sarebbe arrivata solo l'anno seguente).
Date la situazione precaria in cui gli operai Innocenti erano costretti a lavorare, le Mini facenti parte di questa prima serie erano afflitte da difetti di costruzione di ogni sorta (mio zio ne comprò una nel 1975 e la buttò via appena quattro anni dopo per disperazione..), ragion per cui questo esemplare merita assolutamente un futuro stabile.
Il portellone, se originale, è successivo alla modifica avvenuta proprio nel '75 che ha visto la soppressione dell'inutile maniglia di appiglio. In ogni caso non è uguale a quello montato dalle Mini post '76 in quanto privo dell'alloggiamento per il tergilunotto. Assieme agli indicatori di direzione con trasparente bianco, che questo esemplare dovrebbe montare come da origine, costituisce il tipico esempio di ricambio "vattelapesca". Grin
#8 | Uno Turbo D il 05/05/2020 16:18:10
No vabbè, questo avvistamento
per me è spettacolare , già le 90/120 con qualche anno di meno sono ormai rare da avvistare...

(le foto pubblicate dai quotidiani all'epoca sono apocalittiche: una distesa sterminata di Mini 90 e 120 che svernano alle intemperie in attesa di una risoluzione della crisi, che sarebbe arrivata solo l'anno seguente).

Total, si possono reperire queste foto? Sono curioso...
#9 | Total III il 05/05/2020 16:50:59
Dai miei sterminati archivi.... Pfft

images2.imagebam.com/80/3e/85/c7249e1342851566.jpg

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#10 | Markino il 05/05/2020 16:58:28
Immagino la difficoltà nello smaltire un simile parco accumulato, considerato sia il fermo prolungato, sia il periodo di forte crisi economica in atto tra il 1975, che si chiuse con un tonfo del PIL di oltre il 3%, e il 1976. Ricordiamo che, nel 1975, per la prima volta il numero di vetture ritirate dalla circolazione fu superiore alle nuove immatricolazioni.
Hai altre informazioni in merito, Antonio ?
Vetture in sosta in un piazzale all'aperto da mesi non si vendono certo facilmente senza il sostegno di una campagna sconti, senza contare gli oneri di un controllo prima di farle arrivare in concessionaria...
Avvistamento molto interessante per modello ed anzianità.
#11 | Cabronte il 05/05/2020 18:25:20
Avvistamento più unico che raro, come trovare l' ago in un pagliaio!claps
#12 | Total III il 05/05/2020 18:53:10
Hai altre informazioni in merito, Antonio ?


In effetti sì, avendo preso informazioni tempo fa per un articolo sulla Innocenti che scrissi lo scorso dicembre per il sito con cui collaboro. Diciamo che la situazione di crisi della Innocenti era molto composita, prendendo avvio addirittura nel 1966 a seguito della morte del fondatore Ferdinando: il figlio Luigi, sotto la cui iniziativa venne cominciata la produzione di auto e la collaborazione con BMC nel 1959 (mentre il padre avrebbe preferito concentrarsi sulla produzione di macchinari industriali non mettendo così i bastoni fra le ruote alla Fiat) non aveva grandi capacità manageriali e si trovava spesso impedito nella sua azione dagli "uomini forti" che il padre, durante il peggiorare della sua malattia, gli aveva messo intorno. Con le vendite della Mini in costante aumento e l'oneroso contratto con la BMC rinnovato di anno in anno ma senza un vero e proprio piano industriale, si arriva al 1968 quando, dopo l'accantonamento della "750" da produrre completamente in proprio, si decide di continuare con la sempre più richiesta Mini firmando un accordo stavolta di ben sette anni. L'anno successivo, dopo le turbolenze dell' "autunno caldo", Luigi Innocenti decide di vendere il comparto auto, cosa che provoca non poche resistenze da parte degli inglesi. Prova dapprima con la Fiat, che immediatamente declina, poi con Alfa Romeo, con cui al contrario sembra cosa fatta finché l'allora presidente Luraghi fece cadere improvvisamente le trattative.
Così si arriva al 1971 in un clima di incertezza e di agitazioni sindacali, a quel punto pare ovvio che l'unico gruppo industriale a cui poter fare riferimento è la BMC (ora BLMC). Nel 1972, la British Leyland (che fino a quel momento si era sempre disinteressata della Innocenti) concretizzò l'acquisizione del pacchetto di maggioranza. Dopo aver messo un loro uomo, il giovane Sir Geoffrey Robinson - che Ruoteclassiche definì "grande estimatore di whisky" - a capo della neonata Leyland Innocenti, gli inglesi palesano da subito le loro intenzioni.
E qui cominciano i guai.

Alla fine del 1972 Robinson presenta un ambizioso piano industriale che prevede l'aumento della produzione fino a 75.000 Mini annue, sia puntando ad esportare la Mini italiana nei paesi europei (salvo ovviamente gli UK), sia producendo in loco una versione riveduta e corretta della Austin Allegro, per un totale di ben 110.000 vetture all'anno. Il punto debole di questo ambizioso piano era che prevedesse un'espansione produttiva senza una effettiva domanda del mercato, e soprattutto senza ammodernare gli impianti, che erano rimasti grossomodo invariati dalla fine degli anni '50. Così, l'aumento della produzione e l'inizio della fabbricazione della Regent si traduceva in un sensibile peggioramento delle condizioni lavorative degli operai, costretti a lavorare in ambienti insalubri e poco sicuri.
Con la crisi petrolifera che esplode in tutta la sua violenza nell'autunno del 1973, le cose precipitano: per arginare le perdite viene ridotta la produzione intensificando le esportazioni: in quel periodo la Leyland Innocenti diventa l'hub delle auto Leyland dirette nei mercati europei (nei vasti cortili di Lambrate, accanto alle Mini e alle Regent, trovano spazio le Triumph Dolomite, le Land Rover, le Jaguar XJ6, eccetera).

Nel frattempo il progetto della Mini ristilizzata da Bertone, portato avanti da Sir Robinson che se n'era letteralmente innamorato, viene frettolosamente portato a compimento nel tentativo di fermare il declino delle vendite. La vettura è ben accolta, ma con la crisi che ancora morde l'Italia gli ordini non arrivano in quantità tale da salvare i bilanci. A ciò si aggiunge un fatto determinante: la British Leyland si ritrovò con un passivo di svariati miliardi, e pensò di far fronte alla cosa previlegiando l'esportazione delle vetture prodotte in Gran Bretagna. Ciò significava in buona sostanza una sorta di "boicottaggio" nei confronti della consociata italiana e della nuova Mini, con una forte riduzione delle esportazioni nonché la rinuncia al nome "Mini", nonostante il gradimento che il nuovo modello aveva ricevuto soprattutto in Francia. Per gli stessi motivi, era stato posto il veto totale sull'esportazione in Gran Bretagna.
A leggere i giornali inglesi dell'epoca, la posizione ufficiale del management inglese era che la Mini italiana, pur intrigante, aveva un'abitabilità troppo ridotta: l'erede della Mini classica, nelle loro intenzioni, sarebbe dovuta essere ben più capiente.

A quel punto, la crisi diventa pesante: le Mini invendute cominciano ad ammassarsi nel piazzale della fabbrica e la Leyland, nel miope tentativo di ridurre ulteriormente la produzione, propone il licenziamento di un terzo della forza lavoro. L'unica alternativa sarebbe stata la liquidazione dell'azienda.
Il gioco degli inglesi, che puntavano alla chiusura totale dell'impianto, era ormai palese: nonostante l'intervento del governo con un massiccio ricorso alla cassa integrazione, alla fine del 1975 l'Innocenti viene messa in liquidazione.
La sera stessa, gli impianti (comprese le 12.500 Mini stoccate nei piazzali) vennero occupati dagli operai, finché all'inizio del 1976 l'azienda non viene ceduta, al termine di febbrili trattative, ad Alejandro De Tomaso grazie ad un massiccio intervento da parte della Gepi (società per le gestioni e partecipazioni statali, la finanziaria pubblica istituita per il salvataggio delle aziende in difficoltà) la cui proposta fu preferita sia a quella dei giapponesi della Honda (che vedevano nella fabbrica di Lambrate un portale per lo "sbarco" in Europa) che a quella, data per quasi sicura, da parte della Fiat.
Dal maggio 1976 in poi, la Nuova Innocenti (di proprietà Gepi e con De Tomaso amministratore delegato) finalmente riprende l'attività di produzione e consegna delle vetture in stoccaggio: grazie alla situazione economica meno turbolenta la Mini comincia a macinare risultati (il 1978 segnò una crescita record a livello europeo) ma in effetti l'impianto non raggiunse mai la piena produttività, e molti dei lavoratori in cassa integrazione non vennero mai effettivamente reintegrati.
#13 | Markino il 05/05/2020 19:46:23
Evvai, eccellente disamina di storia industriale, come piace a me Wink
#14 | astraG il 05/05/2020 20:41:47
Total lll
Grazie e complimenti
#15 | Total III il 05/05/2020 21:09:16
Grazie a voi. L'argomento Innocenti è di mio interesse da sempre, ho dovuto "stringere" un po' ma è sempre il caso di ricordare il modo in cui ci siamo giocati quella che era diventata, alla fine degli anni sessanta, il secondo costruttore nazionale.
Curioso come tutto, ma proprio tutto, sia andato per il verso sbagliato per la povera Innocenti: crisi della Leyland, crisi sindacale, crisi petrolifera e spese ingenti per il lancio del nuovo modello, tutto nel giro di pochi mesi. Viste le premesse, è quasi sorprendente che sia riuscita a tirare avanti, almeno come realtà industriale, fino al 1993...
#16 | S4 il 05/05/2020 22:06:11
Ricordo bene le Mini invendute e stoccate, tutte le volte che si transitava sul viadotto dei Parchi della tangenziale est in direzione nord, si assisteva a questo raggelante spettacolo.
Allego uno scatto di qualche anno fa, alcuni capannoni sono stati demoliti, altri resistono insieme alla torre piezometrica.

i52.servimg.com/u/f52/17/55/73/39/dsc02710.jpg
#17 | duka il 05/05/2020 23:10:32
Domandina per S4... Qualche anno fa, lì intorno, hai avvistato almeno un paio TN, nel medesimo parcheggio, vero?
#18 | KARL67 il 05/05/2020 23:27:00
Proprio ieri, durante la mia prima passeggiata della "Fase 2" ne ho avvistata una uguale in un cortile di una ditta, completamente marcia ma ancora con la sua targa MI*****H
#19 | deltago92 il 05/05/2020 23:48:03
Innocenti e Piaggio furono grandi rivali nel campo delle due ruote. Incredibile come, negli anni Novanta, finirono a vendere entrambe lo stesso veicolo (il Porter).
#20 | neim4 il 05/05/2020 23:54:53
un articolo sulla Innocenti che scrissi lo scorso dicembre

Per chi non l'avesse ancora letto:

https://www.super...Ax4VN3KFFE
#21 | mariano il 06/05/2020 00:00:20
Innanzitutto voglio ringraziare Total per il bellissimo racconto che ho letto con estremo interesse. Mi sento di dire che se fosse andata ad Honda probabilmente la storia sarebbe stata ben diversa, diciamo che De Tomaso era il re dei fallimenti, infatti mi ha sempre colpito abbia vissuto così tanti anni nelle sue mani, ma penso sia anche merito dell'accordo con Dhaiatsu.

Per quanto riguarda l'avvistamento, non ho parole, non ho MAI visto una Mini a targhe quadre, come penso molti altri abbastanza giovani del sito.

PS: Ma quindi teoricamente non esistono Mini immatricolate tra la fine del '75 e l'inizio del '76?
#22 | blackboxes66 il 06/05/2020 10:47:41
Pare che lo stock sia stato smaltito senza particolari difficoltà nei primi mesi del 76. Ricordo un articolo su Quattroruote della primavera di quell'anno, in cui si parlava dell'accordo Leyland - Gepi - De Tomaso, e spiegava che le auto in giacenza fossero state rapidamente vendute tutte non appena sbloccata la situazione con la rete di vendita, e che quindi lo stabilimento era pronto a riavviare la produzione.
#23 | Transaxle73 il 06/05/2020 14:26:38
Mi associo ai complimenti a Total III per la completa e affascinante cronistoria dell'Innocenti.
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