e' un modello stupendo che con il suo restyling del 79, la talbot 1510, ha perso per strada buona parte della sua eleganza. Per possedere questo modello sarei pronto a vendere la mia Visa se mi capitasse addirittura tra le mani una R14 TS, sarei il ragazzo piu' felice della terra
Era una buona macchina. Piuttosto moderna per l'epoca (non una modernità rivoluzionaria a-la-Citroen, ma più votata alla sostanza) vantava ottimo confort, abitabilità e spazio per i bagagli. Dettagli costruttivi come le 5 porte e i paraurti completamente in resina (non era mica da tutti!) le valsero il titolo di "auto dell'anno" e un buon gradimento iniziale dal pubblico, anche italiano.
La versione GT poi era molto accessoriata per l'epoca, offrendo di serie (nel 1975!!) tergilavafari e vetri anteriori elettrici.
Tutte le 1307-1308 poi si facevano vanto delle bocchette del riscaldamento per i posti posteriori, se non una novità assoluta, una cosa piuttosto rara per il segmento.
Da notare che fù il primo modello a portare il doppio marchio Simca-Chrysler, che nel 1980 come sappiamo divenne Talbot....
Quando la beccai mi ci volle qualche minuto per rendermi conto che non stavo sognando... Le credevo del tutto sparite... Negli ultimi 13-14anni è stata la prima che ho visto.
Incredibile come un'auto piuttosto anonima e senza grandi pretese possa essere diventata oggi di una rarità e, a questo punto, di una importanza storica notevoli..
A questo punto meriterebbe un "coraggioso" restauro da parte del suo proprietario! E già che ci siamo l'eliminazione dei copricerchi della 1510/Solara SX.
La cartella colori della Simca 1307/1308/1309 per il 1979 prevedeva ben 14 tinte: 6 pastello (bianco Ibiza, giallo Curry, arancio Aunis, rosso Vallelunga, verde Acquatico, blu Narval), 7 metallizzate (grigio Spaziale, grigio Onagre, bronzo Transvaal, marrone Maracas, verde Irlandese, verde Prateria, blu Pacifico) e una laccata Kristal (nero Onice).
Il colore più diffuso era con tutta probabilità il bronzo Transvaal, di cui ho visto un esemplare l’altra sera nella scena finale (con lungo fermo immagine sui titoli di coda) del film del
1988 “Mia moglie è una bestia”.