Immagine

Alfa Romeo 6C 2500 Sport Freccia d'Oro

alfaromeo6cfrecciaorosebaraba20190119.jpg
Anno 1948 (SebaRaba1961).

Data: 05/01/2024
Commenti: 9
Visualizzazioni: 1928
Commenti
#1 | time101cv il 19/01/2019 09:32:31
www.targhenere.net/gallery2/wp-content/uploads/2019/01/img_5994.jpg

www.targhenere.net/gallery2/wp-content/uploads/2019/01/img_5996.jpg
(foto "SebaRaba1961" )
#2 | peppecantarella il 19/01/2019 09:35:22
Capolavoro di stile e di eleganza, targa magnifica, da sentirsi i brividi addosso
#3 | Alfa33 il 19/01/2019 10:33:45
Complimenti, avvistamento di grande spessore. Il modello è un'opera d'arte.
#4 | bob91180 il 19/01/2019 11:12:00
Reliquia di notevole valore emozionale , ora come allora vettura sbalorditiva ... finitura molto rara per l'epoca ... introvabile ancora con prima targatura ... costruita in circa 700 pezzi , solitamente e' rifinita in tonalita' scure pastello ... ha una potenza di circa 90/100 cv ...
#5 | Astrale il 19/01/2019 12:18:52
Superlativa visione , mi piacerebbe accarezzare dal vivo le sinuose curve della carrozzeria...
#6 | S4 il 19/01/2019 13:08:59
Splendida, avrei qualche indugio a lasciarla incustodita, circola troppa gente disturbata.
#7 | danguard76 il 21/01/2019 18:27:32
Fa impressione vedere un tale capolavoro parcheggiato in mezzo ad auto comuni... Questa situazione ne accresce il fascino. Stupenda la finitura non troppo lucida.
#8 | freccetricolori il 21/01/2019 22:21:52
Bella bella. Una delle mie Alfa Romeo preferite. Questa era fino a poco tempo fa unico proprietario. Il massimo resta per me la "Freccia d'Oro" con il tettuccio in tela apribile
#9 | Markino il 23/01/2019 14:27:44
Vettura di mio supremo culto, tanto da apparirmi la più seducente mai costruita, la “Freccia d’Oro” – nome straordinario per un’automobile – è qui materializzata in un favoloso esemplare con un lieve velo del tempo, già incrociato ad Autoclassica pochi anni fa, e poi accaparrato da un operatore commerciale emiliano di fascia alta che ha conquistato in pochi anni una grande notorietà; sulla relativa scheda del sito non c'è al momento traccia dell'indicazione "venduta". La speranza, purtroppo poco fondata, è che, qualora ciò accada, sia in virtù dell'acquisto da parte di un appassionato italiano.
La storia dell’Alfa “6C 2500” - costruita tra il 1939 e il 1952 in un’infinità di varianti (passo, numero di carburatori, rapporti al ponte, senza contare le carrozzerie) - unica auto italiana di lusso a sopravvivere al secondo conflitto, e, nello specifico, della “Freccia d’Oro”, prima Alfa Romeo – almeno parzialmente – nuova del dopoguerra, segue un percorso nel quale è tutt’altro che semplice districarsi.
Sotto il profilo meccanico, la "6C 2500" costituiva l’ultimo stadio evolutivo della scuola di Vittorio Jano - del quale, peraltro, nasceva “orfana”, consumandosi nel 1937 il divorzio di questi dall’Alfa Romeo – con un propulsore che seguiva lo schema introdotto sin dalla “6C 1500” del 1927 (doppio albero a camme in testa, testate emisferiche, valvole inclinate tra loro di 90°), poi replicato negli anni ’30 su ogni cilindrata e frazionamento, mentre il resto della meccanica – sospensioni anteriori e posteriori (indipendenti), cambio e sterzo – era strettamente derivato dalla “6C 2300 B” del 1935. La parentela con quest’ultima era tale che, nella documentazione di fabbrica, la nuova vettura, lanciata al Salone di Berlino all'inizio del 1939, veniva identificata come 3a serie della “6C 2300”, dalla quale finiva per differenziarsi, oltre che per il modesto incremento di cilindrata, per l’abbassamento del pianale di guida, che consentiva di ottimizzare il baricentro, e di realizzare carrozzerie più basse e aerodinamiche. Jano era stato un grande sostenitore del compressore, che aveva trovato largo impiego sulla “6C 1750”, ma l'Alfa Romeo, nell’intento di conquistare fasce di clientela orientate su vetture più confortevoli e silenziose, che non richiedessero manutenzioni specialistiche, decise invece di puntare su progressivi incrementi di cilindrata, realizzati con i tipi “6C 1900” e poi “6C 2300”. La “6C 2500” si inseriva quindi in un solco già tracciato, ma la sua cubatura, sebbene di rilievo per il mercato interno, non era sufficiente a connotarla come un prodotto realmente esclusivo, senza contare le implicazioni in campo sportivo: all’estero, per vetture di grandi dimensioni, erano adottate cilindrate ben superiori, che finivano per relegare l’Alfa in una fascia “inferiore”, dalla quale poteva riscattarsi per le prestazioni e le doti di maneggevolezza, in realtà non eccezionali, e per il livello delle sue carrozzerie, queste davvero straordinarie. Se al momento di deliberarne la presentazione non esistevano alternative, tra il 1939 e il 1941 l’équipe di progettisti guidata da Bruno Trevisan lavorò intensamente su un paio di soluzioni di fascia alta, i tipi "S11" ed "S10", quest'ultimo con propulsore 12V da 3 litri, al cui sviluppo la Direzione finì per non dare seguito, per l'estrema indeterminatezza degli scenari futuri. Nel frattempo, la responsabilità del Servizio Progettazione veniva affidata allo spagnolo Wilfredo Ricart - seppur nell'anomala qualità di consulente esterno - sotto la cui guida, nel periodo del decentramento del personale tecnico ad Armeno, sul Lago d’Orta (1943-'44), presero forma disegni avveniristici di vetture con struttura monoscocca, tra le quali spiccava la “Gazzella”, dalle sagome fortemente avviluppanti, anche qui nell’intento di sostituire al termine del conflitto la “6C 2500”. Pure queste sperimentazioni, tuttavia, non ebbero seguito: troppe erano le incognite sull’immediato futuro per pensare ad uno schema costruttivo interamente nuovo, che avrebbe richiesto specifiche attrezzature di stampaggio, difficili da procurarsi e ancor più da ammortizzare in un quadro di numeri presumibilmente modesti.
Nel 1945, con l’opzione “Gazzella” soccombente, la “6C 2500” restava ancora una volta l’unica realtà sul tavolo, e si metteva quindi mano allo sviluppo di una nuova versione da porre rapidamente in produzione, la futura berlina “Freccia d’Oro”. Il decentramento ad Armeno aveva rafforzato lo spirito e l’unitarietà di indirizzo della squadra di progettisti, ora raccolti sotto la guida valente e carismatica di Orazio Satta, ingegnere meccanico ed aeronautico, e la “Freccia d’Oro” andò delineandosi come il prodotto di una genuina cultura di fabbrica tutta interna al Portello, seppur con una blanda consulenza della Carrozzeria Castagna; la sua linea, che ebbe una laboriosa gestazione soprattutto nella definizione del frontale, allo scopo di assicurarne l'identità di marca, risultò fortemente caratterizzata ed ebbe un impatto dirompente – non esente da critiche e perplessità - nel mondo dell’automobilismo, non essendosi mai visto qualcosa di simile, ossia, in una valutazione a posteriori, il primo esempio al mondo di berlina granturismo, concetto che all'epoca non esisteva. La rinuncia alla carrozzeria portante, che, teoricamente, avrebbe anche potuto essere innestata sulla meccanica della “6C 2500”, fu temperata da una soluzione ibrida, favorita dalle sagome relativamente semplici della vettura, ossia una scocca interamente metallica, con alcune componenti ottenute per stampaggio alla pressa, montata sul telaio a longheroni. La lavorazione avveniva senza alcuna forma di meccanizzazione moderna, con la vettura allestita in una serie ordinata di fasi successive, nelle quali ogni esemplare era spinto a mano da una stazione all’altra; in tale quadro, quello di una produzione sostanzialmente artigianale, il prezzo di vendita di oltre 3 milioni di lire poteva persino risultare sottostimato. Furono realizzati 670 esemplari in tre serie tra la 2a metà del 1947 e il 1950, che, in un contesto difficile come quello dell’immediato dopoguerra, e per una vettura di tale livello merceologico, rappresentarono un successo importante, qualificando la “Freccia d’Oro” come la “6C 2500” più venduta dell’intero ciclo commerciale.
Scrivi commento
Per scrivere un commento devi essere registrato