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Fiat 1100 Export

fiat1100fil20210722.jpg
Anno 1962 (fil82).

Data: 22/07/2021
Commenti: 11
Visualizzazioni: 735
Commenti
#1 | bob91180 il 22/07/2021 09:44:18
Ottimo pezzo , ormai raro da rinvenire in queste condizioni di bella originalita' , ed ancora corredato di prime targhe di gran pregio ...
#2 | Francesco240D il 22/07/2021 10:08:24
Versione base della 1100, senza fronzoli o sciccherie, per automobilisti senza troppe pretese...
#3 | IL BUE il 22/07/2021 11:01:45
Ai tempi, considerando gli stipendi, chi poteva permettersi una 1100 ne aveva di pretese, eccome.
#4 | Francesco240D il 22/07/2021 11:42:25
Io parlo a livello di carrozzeria: non è piena di orpelli vari, come la 1200 tra l'altro non più disponibile dal 1960...
#5 | Nathan il 22/07/2021 13:16:22
In realtà ai tempi della “Export”, il benessere economico aveva portato molte più famiglie a potersi permettere la 1100, che ai tempi delle prime bauletto era effettivamente cosa per pochi.
Anzi, era sicuramente l’auto da padre di famiglia più diffusa escluse le 500 e 600, che da metà anni ‘60 in poi sono diventate prevalentemente seconde auto, almeno qui al nord.
#6 | puma76 il 22/07/2021 13:52:17
La 103H LUSSO di mio padre, era di proprietà di un medico dei Parioli di Roma, zona abbastanza "ricca", secondo proprietario un altro medico di viale Regina Margherita, zona adiacente e ugualmente elitaria, insomma la 1100 poteva essere facilmente scelta dalla classe medio-alta.
#7 | mikitiki94 il 22/07/2021 14:18:12
Questa, però, è la versione base. Credo che la classe medio-alta preferisse la Special.
#8 | Sauro il 22/07/2021 16:08:58
Tutti gli interessanti convertitori presenti in Rete che ci riportano al "quanto valeva un euro nel 19..." sono interessanti ma non danno il valore reale di chi e cosa poteva all'epoca permettersi un certo bene come un'auto. Il famoso paniere ISTAT era ben diverso e l'ascensore sociale decisamente più marcato di oggi: le classi sociali erano assai più distinte. La 1100 era tutt'altra cosa rispetto ad una Tipo ad esempio, perché i parametri socio economici a cui l'auto si comparava erano qualitativamente e quantitativamente assai differenti in relazione, appunto, ad una Tipo odierna.
#9 | prof il 22/07/2021 17:46:49
Esatto, quei siti ti permettono solo di attualizzare una cifra.
Per completare il ragionamento come dici tu, questa informazione andrebbe incrociata con il potere d'acquisto.
#10 | PrinceMax il 23/07/2021 12:17:38
La 1100 fu il simbolo della piccola/media borghesia, in particolar modo della classe impiegatizia, che conobbe il suo boom negli anni di acme produttivo del modello. Sfogliando gli album di famiglia e ascoltando i ricordi di mia mamma e mio papà, era la vettura che si associava allo “zio impiegato di banca”, o al cugino “funzionario del Catasto”. Non era di certo una vettura “popolare”, ma nemmeno un mezzo per pochi facoltosi…
L’alta nobiltà puntava sulle immortali Bentley/Rolls-Royce; i (pochi) ricchissimi in quegli anni si orientavano su modelli di produzione estera (Mercedes-Benz e Jaguar, non tralasciando le vetture statunitensi, autentico status-symbol) mentre le categorie abbienti (spesso appartenenti all’alta borghesia) prediligevano modelli italiani ma meno “popolari” di Fiat, ossia Lancia (per chi puntava all’eleganza) o Alfa-Romeo, per i più grintosi e sportivi. Emblematico, in tal senso, il film “Il vedovo”, dove il magnate comm. Fenoglio si sposta su di una Cadillac, la ricca imprenditrice Elvira Almiraghi su di una Lancia Flaminia, mentre il suo ragioniere, Lambertoni, ha proprio una 1100: una perfetta e realistica istantanea dell’epoca.
C’era poi chi (e non furono pochi) si orientò verso il fascino dirompente della francese Citroën DS/ID.
#11 | ARGiuliasuper il 25/07/2021 04:38:58
Nel nostro tessuto sociale non c’è un ruolo paragonabile a quella svolto dalla Fiat 1100 negli anni ‘60. Nella società di allora poche famiglie avevano una automobile e veramente pochissime ne avevano più di una, almeno a sud di Roma.
Una mia conoscente mi raccontava che sua mamma fu accompagnata in clinica per farla venire al mondo da un vicino di casa, uno dei soli due che nel palazzo possedeva una macchina. Un’altra persona andava in vacanza con la propria famiglia accompagnata da uno zio, in una Fiat 500 carica di persone e bagagli.
In questo contesto storico i ceti meno abbienti usavano i mezzi pubblici e chi aveva un minimo di disponibilità possedeva una Vespa o una Lambretta evoluta poi in 500, 600 e poi, dal 1964 in una Fiat 850.
Quando, a metà degli anni ’80, raccontammo a mia nonna che un lontano parente aveva fatto un importante passaggio nella propria vita lavorativa lei esclamò. “Bene, si è fatto il 1100”. Ai miei sorrisi, i più grandi mi spiegarono che l’espressione voleva indicare quella categoria di persone che saliva di qualche grado nella scala sociale e, forte di questo insperato benessere, si lanciava nell’acquisto di un’auto più comoda, più spaziosa e con una maggiore autonomia. Spesso erano famiglie che già possedevano una utilitaria, con un lavoro a tempo indeterminato o abbastanza sicuro, che per un avanzamento di carriera raggiungevano una disponibilità economica tale da poter sostenere una nuova uscita economica e la investivano acquistando, magari in cambiali, una fiammante 1100, un vero e proprio status symbol. Rispetto alle altre 1100 offerte dalla concorrenza (pensiamo alla Lancia Appia e poi, dal 1963, alla Fulvia) costava meno dando analoghi risultati complessivi.
Le gite di allora e le trasferte per raggiungere il luogo delle ferie o il paese di origine (gli anni ’50 e ’60 avevano portato molte famiglie a spostarsi verso le città più grandi) si facevano tutti insieme, portando anche la nonna, lo zio ed i cugini. I bambini non avevano un posto a loro dedicato: si sedevano sulle gambe di un adulto o di un fratello più grande. In questo senso, la 1100 rappresentava una importante innovazione per trasportare meno scomodamente, ma con tanto entusiasmo, famiglie numerose.
Non si può generalizzare, ma la Fiat 1100, spesso, era la scelta evolutiva di questa piccola borghesia. La media e alta borghesia si rivolgevano ad altre marche come Alfa Romeo e Lancia e poi, quando i dazi calarono, a Citroen, Ford e Opel. Lo facevano anche per distinguersi da una massa per la quale la 1100 rappresentava un traguardo. Medici, avvocati e notai amavano farsi connotare da vetture più performanti e raffinate.
Un mio caro zio, dipendente di una municipalizzata, quando divenne capo reparto sostituì la sua 600 con una 1100; quando ne divenne direttore generale passò ad una Giulia. Un altro parente che non aveva alcuna vettura, quando diventò magistrato, acquistò subito una Lancia Fulvia per poi passare, in pochi anni, alla Flavia.
Oggi non esiste alcuna distinzione in tal senso, la scala sociale è molto più frammentata. Il diffuso benessere, una maggiore perequazione dei redditi e una offerta molto più vasta di vetture con lievi differenze tra loro non giustificano l’esistenza di uno spartiacque come la Fiat 1100.
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