Total o chi per esso, mi può spiegare il motivo di alcune Ami 6 con questi fanali posteriori, altre con quella coppia di piccoli fanalini circolari? Sono corretti entrambi in base all'anno di produzione?
Che bella! Federica vedo che hai avuto modo di conoscere anche il proprietario..chissá come ne va fiero.Sempre bello scambiare due chiacchere con i fortunati possessori di auto d'epoca.
I fari dovrebbero essere corretti, credo che quelli tondi siano stati adottati nei primi anni di produzione.
Decisamente "strano" il colore, non so se previsto dal costruttore per questo modello per quanto assolutamente in linea con i gusti del periodo. Però boh, non so, su questo mezzo vedo più adatte tinte anni 60 meno accese: verdino, beige, giallo pallido, azzurrino pigiama...
Cominciamola così: non è certo una vettura per timidi. Alla linea anticonvenzionale e inconfondibile, questo esemplare aggiunge l'abbagliante colore giallo canarino, certamente allegro ma del tutto estraneo alla gamma colori - piuttosto classica - della Ami. Palese a dir poco anche la sua provenienza estera.
Quanto ai fanalini posteriori, giusto quanto scritto da Marlon. Vennero adottati nel 1967 (quindi la costruzione di questo esemplare è da stabilirsi fra il '67 e il '69, anno in cui venne sostituita dalla Ami 8), quindi passarono alla 2CV nel 1970, e lì rimasero per 22 anni. Per quanto i filologi mi assicurino che non sono perfettamente identici.
Gestazione a dir poco tormentata, quella della Ami. Accortosi che, in una gamma che comprendeva la ultraspartana 2CV e la ultrasofisticata DS mancava un modello di fascia intermedia, il patron di Citroen Pierre Bercot diede licenza all'estroso Flaminio Bertoni di delineare una vettura con lunghezza intorno ai quattro metri.
Bercot impose il terzo volume in quanto una linea a due volumi col portellone (proposta, con gran preveggenza, da Bertoni) faceva troppo "veicolo commerciale". Ma far rientrare un terzo volume in soli quattro metri non era certo facile: Bertoni risolse brillantemente ispirandosi a certe vetture di oltreoceano, invertendo l'inclinazione del lunotto. Enormi i vantaggi pratici: maggior visibilità, grande spazio per le teste dei passeggeri dietro, e soprattutto non si sporcava mai.
Quando la linea era ormai definitiva, con un frontale spiovente stile DS con quattro fari carenati (nota bene: la DS era ancora monofaro!) ci fu un cambiamento delle direttive. La Citroen, infatti, aveva comprato la Panhard, e con essa la relativa rete di vendita. Ragion per cui si decise di adibire ad un nuovo modello Panhard il compito di ricoprire la fascia media, mentre la nuova vettura studiata da Bertoni sarebbe stata riposizionata verso il basso. Il che, tradotto in soldoni, voleva dire adottare la base meccanica della 2CV, col suo motore dal voluminoso filtro dell'aria, che avrebbe comportato conseguentemente l'abbandono del frontale spiovente tanto caro a Bertoni, che avrebbe anzi dovuto ospitare una voluminosa mascherina per convogliare l'aria nella ventola di raffreddamento del motore.
Non solo: i collaudatori della Casa constatarono la scarsa altezza dei proiettori, per cui l'estroso varesino dovette rialzare i parafanghi, fino ad esclamare, dinanzi al risultato finale, la mitica battuta: "Sembra che quest'auto abbia investito tre pedoni!"
Non gli si poteva dare torto: il muso definitivo era alquanto tormentato, e rischiavano di passare inosservate alcune finezze di assoluta novità quali i fari rettangolari. Il muso spiovente, in ogni caso, non andò alle ortiche, finendo proprio sulla Panhard BT 24 e, infine, sulla stessa DS.
Lanciata sul mercato nel 1961, la Ami lasciò - manco a dirlo - sconcertata gran parte della stampa, interdetta non tanto per il lunotto invertito (di cui anzi di decantarono le lodi) ma proprio per il frontale. Eppure, la nuova vettura Citroen aveva una leziosità tutta sua, impreziosita da interni che, pur derivando dalla 2CV (col tipico volante semi orizzontale e la leva del cambio sulla plancia) richiamavano la DS grazie all'adozione di pomelli, volante e materiali di foggia simile a quelli dell'ammiraglia del Double Chevron.
Parca, ben costruita, facile da guidare e piacevolmente diversa, fece breccia nel pubblico femminile, anche se le vendite spiccarono il volo solo con la Break del 1964 (con buona pace di Pierre Bercot). Come successe per molte altre francesi un po' troppo "estrose", al successo riscontrato in Francia e Benelux non corrispose mai un paragonabile riscontro negli altri Paesi europei. Eppure la Ami 6 venne prodotta in più di un milione di esemplari (a cui vanno sommati 900.000 pezzi della successiva Ami 8), numeri molto alti soprattutto rapportati ai pochi esemplari giunti ai giorni nostri.
Oggi sono molto apprezzate dai citroenisti "duri e puri", quelli che giudicano la 2CV una vettura scontata e banale.
Vettura particolare e splendida a mio parere! Complimenti a Casamini per l'avvistamento e grazie a Total per la sempre proverbiale "scienza" in materia di Citroen!
avendone avute 2 devo dire che la si ama o la si odia.
il colore è orribile invero. ma vedo molte altre licenze su quest'auto.
PS: lo spazio per la testa dei passeggeri posteriori non è affatto grande, anzi, è al limite...se si è alti seduti dietro...partendo di colpo si tocca con la nuca il lunotto.
Grande baule, quasi come quello della DS, ma piu regolare, ottimi consumi e simpatia in abbondanza.
mi manca.