Vedere un'Arna mi fa ricordare che in un piccolo sfascio vicino casa c'è ne una ancora targata, depositata lì in attesa che il padrone trovi i pezzi per sistemarla, essendo stata colpita da un principio d'incendio dal motore...sono tentato a dire il vero...
Kilometrissima Alfa! (cit.).
Ormai davvero rara da incrociare. Ne ho visto in lontananza un esemplare a targhe bianche poco tempo fa, nel cortile di una carrozzeria: la mia speranza è di incontrarla per strada e scoprire che è ritargata
Alessio non ti preoccupare non si è allontanta dalla sua provincia!!! Però è in una zona che bazzico poco, e quindi appena me la sono trovata davanti sono rimasto veramente sorpreso
A me l'Arna non dispiace come auto, è molto impersonale si, ma non inguardabile come spesso è stata definita. Se un domani mi capitasse l'occasione la prenderei anche.
Curiosità, le Arna in quali stabilimenti erano prodotte? Ad "Arnese"?
Alessio non ti preoccupare non si è allontanta dalla sua provincia
Questa è una bellissima notizia. L'unico problema è rappresentato dal fatto che la zona non è esattamente piccola e le mie incursioni lavorative (cui abbino le battute di caccia, per forza di cose) sono limitate per il 95% dei casi al capoluogo
L'Arna era prodotta a Pratola Serra (AV), in uno stabilimento costruito ex-novo giusto per fare un favore ad un noto politico locale. Più che prodotta era assemblata, in quanto le meccaniche provenivano dallo stabilimento Alfasud di Pomigliano D'Arco (NA) mentre i componenti della carrozzeria arrivavano dal Giappone al porto di Napoli in casse di legno.
L'infausta decisione diede il colpo di grazia alle già asfittiche finanze del Biscione, e di lì a pochi anni l'abbraccio mortale con Fiat fu inevitabile.
In sintesi l'operazione fu un fiasco colossale.
Pensare che la proposta iniziale di quel politico fu fi montare l'Alfetta sia ad Arese sia in una fabbrica del sud.
Quando Luraghi, sotto la cui guida l'Alfa era progredita nonostante le difficoltà e le ingerenze politiche, si oppose a quella che era palesemente un'idea scellerata, venne gentilmente cacciato.
Al suo posto arrivò Massaccesi, e fu l'Arna.
In seguito, la stessa politica che aveva distrutto l'Alfa, volle regalarla alla Fiat per un tozzo di pane.
Storia tristemente nota ma, come si dice, repetita iuvant.
Tra il siluramento di Luraghi e l'arrivo di Massaccesi vi fu un lungo interregno (3 o 4 anni), in cui si avvicendarono diversi presidenti e CDA di nessuno spessore. In pratica l'azienda fu abbandonata a se stessa, senza risorse economiche e senza una strategia per il futuro, con le fabbriche in mano a sabotatori e terroristi, con la dirigenza che aveva paura ad entrare nei reparti, ponendo le basi per la disfatta finale. Pur non avendo le capacità di Luraghi, Massaccesi nei primi anni del suo mandato cercò di riprendere in mano le redini dell'azienda, perseguendo un recupero di produttività e un miglioramento della qualità, ma poi si dovette arrendere alla mancanza di volontà politica di salvare la società. Commise errori anche gravi, ad esempio l'insensata avventura della Formula 1, che assorbì ingenti risorse che avrebbero potuto essere impiegate per il miglioramento e l'ammodernamento della produzione, ma almeno ci provò.
Mi ricollego all'ottima sintesi tracciata da Marco, per ricordare che l'interregno a cui si riferisce durò dal 1974, anno dell'uscita di Giuseppe Luraghi, al 1978, e fu segnato da vertici aziendali dei quali è rimasta memoria prevalentemente tra gli studiosi di storia industriale. La Presidenza fu assunta per pochi mesi del 1974 da Ermanno Guani, e quindi da Gaetano Cortesi, al quale subentrò lo stesso Massaccesi, uomo a vocazione organizzativa, proveniente dall'Intersind, la Confindustria delle imprese pubbliche creata nel 1958, e figura non priva di spessore e capacità.
Come ho già argomentato in una mia precedente analisi sull'intervento pubblico in economia, negli anni '70 si registrò un profondo mutamento nei rapporti tra politica ed aziende statali, avviato già nella 2a metà degli anni '60, che portò i partiti di governo ad avvalersi di manager deboli, inclini ad accettare le finalità extra-economiche funzionali ai propri voraci appetiti; una dinamica opposta a quella dei decenni precedenti, quando uomini forti "alla Mattei" potevano agire con autonomia, determinazione e spirito patriottico (ossia, creando lavoro e benessere), e dettavano le regole del gioco alla politica e poi al ministero delle partecipazioni statali, istituito nel 1956.
A tale contesto non giovò affatto la perdita di figure storiche e carismatiche della progettazione e della produzione, uomini Alfa Romeo fino al midollo, a cominciare da Orazio Satta, scomparso improvvisamente nel 1974 a 64 anni, per continuare con Giuseppe Busso (rimasto poi comunque legato all'azienda anche dopo il 1977) e Giampaolo Garcea, sino a Rudolf Hruska, dimessosi nel 1980.
In pratica, chi aveva cervello, personalità e si opponeva alla gestione clientelare o se ne andava o veniva cacciato, per essere rimpiazzato da figure più malleabili. Nonostante tutto questo l'Alfa Romeo ha continuato per oltre un decennio a sfornare vetture che venivano apprezzate ovunque per le loro doti, che facevano perdonare anche i difetti (che in alcuni casi non erano da poco).
A costo di essere retorici, viene la rabbia a pensare cosa sarebbe potuta diventare un'Alfa Romeo ben gestita; oltretutto bastava poco, continuare sulla strada tracciata da Luraghi.
Alfa un tempo era la rivale per antonomasia, ed ad armi decisamente pari (se non per certi versi superiori) a Bmw. Non aggiungo altro, se non tanto rimpianto per tutto il bello che fu. Secondo me Ford le avrebbe fatto fare la stessa fine, considerando cosa ha combinato alla Jaguar (quell'obbrobrio della X-Mondeo-Type). Sono curioso di vedere sta benedetta nuova Giulia.
In realtà la Volvo è stata di proprietà Ford dal'99 al 2009 (poi è passata all Geely). Per l'Alfa Romeo le dicerie storiche vedono un interessamento da parte della Volkswagen.
La X-type è rimasta vittima della nomea; in realtà la parentela con la Mondeo non era così stretta.